capricci dei bambini sono comunemente considerati come comportamenti oppositivi di “non obbedienza”, possono apparire privi di motivazioni. In realtà questi comportamenti rappresentano qualcosa di più complesso. Costituiscono un tentativo del bambino di comunicare il suo malessere del momento, e come tali vanno indagati per attribuirvi il giusto significato.

Cos’è un capriccio?

Comunemente si utilizza il termine capriccio per intendere un comportamento non consono o, comunque, non desiderabile, esibito in una data situazione. Per il genitore il capriccio è il pianto disperato del bambino durante la spesa, il buttarsi a terra per strada, il non obbedire alle richieste dell’adulto, soprattutto in contesti sociali.

Ma cosa rappresenta il capriccio per il bambino? Il capriccio è generato da un forte momento di frustrazione che il bambino non riesce a gestire con i mezzi e gli strumenti a sua disposizione, è una richiesta di attenzione. Un bambino non piange senza motivo, ma a volte tale motivo sfugge all’occhio di un adulto, immerso nella freneticità dell’agire quotidiano.

Perché il bambino fa i capricci?

I capricci sono normalmente messi in atto dai bambini, ma si intensificano in particolare nella fascia 2/3 anni. E’ in questo periodo, infatti, che il bambino raggiunge una maggiore consapevolezza nello sviluppo cognitivo, linguistico, motorio, sfinterico, nonché una maggiore indipendenza. In virtù di questo, il bambino ama sperimentarsi, non sottostando alle regole imposte dall’adulto, che spesso rappresentano un freno verso la scoperta del mondo e di se stesso. A questa età i piccoli si esprimono spesso con il ‘no’, rigettando le richieste del genitore (dell’adulto in generale), anche solo per il gusto di non compiacere, perché ora iniziano a percepirsi come unità separate, sviluppando una propria identità.

Ecco quindi che il capriccio diventa espressione ed affermazione di sé: per mezzo di parole quali ‘no’, ‘io’, ‘mio’ il bambino sperimenta la propria libertà e modella la sua personalità. Il capriccio è, in conclusione, parte del normale processo di crescita.

Da cosa ha origine un capriccio?

Nel momento in cui il bambino fa i capricci occorre soffermarsi ad analizzare cosa li ha generati: bisogna indossare le lenti del bambino per leggere la situazione dal suo punto di vista.

È molto importante precisare come il bambino non sia un adulto in miniatura ma un soggetto in costante sviluppo. Inoltre è importante sottolineare come esista un rapporto inversamente proporzionale tra regolazione emotiva ed età, ovvero più si è piccoli meno si riesce a controllare le proprie emozioni. Questo accade in quanto la corteccia prefrontale, area del cervello deputata ai più complessi compiti cognitivi, tra cui l’autoregolazione, non è ancora matura, continuando il suo sviluppo fino all’inizio dell’età adulta.

Nella pratica questo determina che se un bambino vuole un gelato e l’adulto gli dice che lo compreranno dopo aver terminato la spesa, è molto probabile che il primo inizi a piangere perché il suo bisogno in quel dato momento non è stato soddisfatto. Il bambino non possiede appieno la visione della temporalità, e la concezione del posticipare non è contemplata nella sua mentalità, al contrario, ogni bisogno, desiderio ed emozione riguarda il qui ed ora.

Come si fronteggia un capriccio?

Partiamo dal presupposto che le regole sono importanti, per cui il genitore non deve avere né un atteggiamento troppo lassista, accondiscendendo ad ogni richiesta del bambino, né troppo autoritario tappando l’espressione del piccolo. La giusta soluzione sta nel mezzo per cui occorre saper essere autorevoli, spiegando le motivazioni per le quali ci si aspetta un determinato comportamento in una data situazione, utilizzando sempre un linguaggio consono e comprensibile al piccolo.

Arrabbiarsi ed urlare non serve a molto, ordinandogli di smetterla non farà altro che incrementare la sua frustrazione, stabilendo un circolo vizioso. Occorre ‘calmarsi per calmare’, sintonizzarsi empaticamente col bambino, fargli sentire la nostra presenza, parlargli, spiegandogli che capiamo la sua rabbia e cercare una soluzione. In tal modo egli si sentirà accolto e compreso.

L’adulto possiede proprie strategie di copingproblem solving, acquisite negli anni, per rilassarsi e ritrovare la serenità interiore, il bambino, al contrario, non può contare solo su se stesso e tramite il capriccio egli ci sta comunicando che non riesce a comprendere e far fronte ad una situazione, anzi, ci sta chiedendo di aiutarlo, per capirla, etichettarla e, quindi, fronteggiarla.

Saper fronteggiare un capriccio aiuta l’adulto e il bambino

In conclusione è fondamentale immedesimarsi col piccolo al fine di decodificare il capriccio e, anziché sgridarlo, donargli gli strumenti per comunicare nel giusto modo.

Capiamo allora come le giuste strategie facciano ricorso all’empatia, favorendo una connessione tra adulto e bambino su base emotiva: mettendoci mentalmente nei suoi panni potremmo realmente aiutare il piccolo ad etichettare, comprendere e gestire la situazione, in un primo momento per nostro tramite e via via in modo sempre più autonomo. La capacità di mentalizzare, favorisce la comprensione esplicita ed implicita dei propri e degli altrui comportamenti, giungendo a dare significato agli stati mentali che li sottendono.

Tutto questo favorisce lo sviluppo della comunicazione assertiva, portando l’individuo a saper esprimere senza remora i propri bisogni, libero da inibizioni ed insicurezze.

Bibliografia

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  •  https://www.stateofmind.it/2020/01/capricci-bambini/